I lavoratori tramite piattaforme digitali sono quasi sempre inquadrati come lavoratori autonomi. Il che significa, nella maggior parte dei sistemi giuridici europei – non avere accesso, o avere un accesso limitato, alla protezione del lavoro, quali i diritti di contrattazione collettiva, la tutela della salute e della sicurezza, nonché i regimi di previdenza sociale. Le laissez-faire per Uber, Deliveroo, Amazon, Mechanical Turk ecc. volge al termine?
Dopo un’ampia consultazione in due fasi (cui i sindacati hanno ampiamento contribuito) - nel dicembre 2021 - la Commissione europea ha presentato una proposta di Direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, che mira a garantire che i lavoratori falsi indipendenti abbiano accesso a diritti - contratto di lavoro, congedi
retribuiti, indennità di malattia ecc. - che per gli altri lavoratori sono la norma. E offre condizioni di concorrenza equa alle imprese che subivano la concorrenza sleale delle piattaforme. Come parte del pacchetto, comprendente questa proposta di direttiva, la Commissione europea ha avviato anche una nuova consultazione sul possibile aggiornamento delle regole intorno la concorrenza e le tutele dei lavoratori autonomi individuali.
I contratti collettivi - si legge in una nota della Commissione - sono un importante strumento per migliorare le condizioni di lavoro. Tuttavia, i
lavoratori autonomi sono considerati in linea di principio 'imprese' ; e rischiano di violare l'articolo 101 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea se negoziano collettivamente i propri onorari e altre condizioni inerenti alle loro attività";. La consultazione servirà all’esecutivo UE per proporre entro giugno 2022 un nuovo orientamento in materia di concorrenza e consentire a alcune categorie di lavoratori autonomi di avvalersi della contrattazione collettiva e di associarsi per proteggere i propri interessi. Il progetto di orientamenti si riferisce sia alle situazioni online che quelle offline”.
Ma procediamo con ordine.
La Commissione europea propone cinque requisiti, specificando che, allorquando due di essi siano soddisfatti, il rapporto di lavoro deve essere considerato subordinato, con la conseguente necessità di stipulare un Contratto di lavoro. I cinque requisiti sono questi:
(1) la sussistenza di una retribuzione predeterminata o di un tetto massimo ad essa (limiti alla remunerazione);
(2) il controllo della prestazione attraverso strumenti tecnologici (regole per quanto riguarda l’aspetto, il comportamento con i clienti e l’esecuzione e la qualità della prestazione);
(3) la sussistenza di limiti all’orario di lavoro o ai periodi di riposo nonché alla cessione a terzi della prestazione dedotta nel contratto
(4) la sussistenza di regole vincolanti sulla prestazione con limitazioni alla libertà di accettare o rifiutare incarichi o di avvalersi di subappaltatori o sostituti;
(5) restrizione alla possibilità di creare una base clienti o di eseguire lavori per terzi.
L’onere di prova della presunzione del rapporto di subordinazione è invertito. In altri termini spetta alle piattaforme digitali dover dimostrare che, nonostante la sussistenza di due o più indici, non esista un rapporto di lavoro subordinato (ART. 5). Sarà poi compito di ciascun Stato Membro fare
in modo che non vengano penalizzate quelle aziende in cui effettivamente i lavoratori svolgono la prestazione in autonomia. La proposta di direttiva fa riferimento a prestazioni che possono essere effettuate in un luogo fisico specifico (come la consegna del cibo o il trasporto in auto) o online
(come per esempio la codifica di dati o servizi di traduzione) individuando nell’utilizzo di tecnologie algoritmiche - finalizzate all’incontro fra domanda e offerta di lavoro - l’elemento comune a tutte le fattispecie (“labour platform”). Si applica quindi a tutti i lavoratori subordinati delle piattaforme. Non riguarda i soli rider e autisti ma milioni di lavoratori della gig economy,
anche freelance. Con la sua adozione e entrata in vigore, delle persone potrebbero diventare veri lavoratori autonomi. Ma altri milioni di persone potrebbero essere riclassificate come lavoratori subordinati. Il che implicherà l’accesso a:
- periodi di riposo e ferie retribuite;
- almeno la retribuzione minima nazionale o settoriale (se del caso);
- tutela della sicurezza e della salute;
- prestazioni di disoccupazione, malattia e assistenza sanitaria;
- congedo parentale;
- diritti pensionistici;
- prestazioni relative agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali.
Assicurando il monitoraggio umano e il diritto di impugnare decisioni automatizzate, la proposta di direttiva mira inoltre a incrementare la trasparenza per quanto riguarda l’uso di algoritmi da parte delle piattaforme. E per rendere più trasparente l’attività delle piattaforme, impone di mettere a disposizione delle autorità nazionali alcune informazioni in merito alle attività svolte e alle persone che vi lavorano.
La parola è ora passata al Parlamento europeo e al Consiglio che dovranno esprimere la propria posizione su questa Proposta di direttiva. La relatrice del Parlamento europeo è Elisabetta Gualmini del gruppo S&D.
La presunzione del rapporto di subordinazione - già sostenuta dalla relazione d’iniziativa adottata dal PE nel settembre 2021 - sarà oggetto di grandi battaglie. C’è chi – spinto dalle lobby di Uber e Deliveroo - farà di tutto per richiedere che i requisiti d soddisfare siano almeno tre, quattro, o anche cinque. E c’è chi sostiene una presunzione di subordinazione non appena un solo requisito verrà sollecitato.
La presidenza francese intende promuovere il lavoro sulla “trasparenza degli algoritmi”. E ci sarà anche da tutelare i lavoratori di altri settori che potrebbero indurre la trasformazione dei loro dipendenti in lavoratori autonomi.
Silvana Paruolo per lle rubriche Macro/Scenari e Cultura Economica di @euroeconomie