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A 30 anni dal Trattato di Maastricht

07/02/2022 14:35

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Euroeconomie, Macro/Scenari, euroeconomia, maastricht, trattato di maastricht, integrazione economica europea, 7 febbraio 1992,

A 30 anni dal Trattato di Maastricht

Da tre decenni quell'intesa ha determinato il corso dell'integrazione economica europea

Sono passati trent’anni dalla firma del Trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992. Di fatto l’ultima grande tappa istituzionale dell’Unione Europea, che prende il nome dall'accordo stipulato nel dicembre 1991 nel Consiglio Europeo tenutosi nella cittadina olandese di Maastricht e poi solennemente ratificato nel febbraio del 1992. La storica intesa fu raggiunta durante una congiuntura politica favorevole anche grazie all'impulso della presidenza italiana del Consiglio Europeo tra il luglio e il dicembre del 1990. Dopo la caduta del Muro, Il Trattato di Maastricht ha istituito l'Unione europea e profondamente segnato il corso della storia economica e politica dell’Unione. con la sua moneta comune, l'Euro, e la sua Banca centrale europea. 

Secondo i critici, rinunciare alla propria moneta senza un bilancio e un debito pubblico europeo fa dell'euro un regime di cambi fissi incompleto. Pur potendo apparire un'architettura disfunzionale, i sostenitori della creazione di una Eurozona amoneta comune ne evidenziano la tenuta e la stabilità che ha assicurato ai Paesi aderenti.

 

I singoli parametri

All’epoca di Maastricht 1 12 paesi aderenti decisero di istituire comuni vincoli parametrici di finanza pubblica ;

A) La stabilità dei prezzi. Il trattato prevede che "Il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi [...] risulterà da un tasso d'inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi".

In concreto, il tasso d'inflazione di un dato Stato membro non deve superare di oltre l'1,5% quello dei tre Stati membri che avranno conseguito i migliori risultati in materia di stabilità dei prezzi nell'anno che precede l'esame della situazione dello Stato membro.

B) La situazione della finanza pubblica. Il trattato stabilisce che: "La sostenibilità della situazione della finanza pubblica [...] risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo [...]".

In pratica, al momento dell'elaborazione della sua raccomandazione annuale al Consiglio dei ministri delle finanze (Ecofin), la Commissione esamina se la disciplina di bilancio sia stata rispettata in base ai due seguenti parametri:

il disavanzo pubblico annuale: il rapporto tra il disavanzo pubblico annuale e il PIL[1] non deve superare il 3 % alla fine dell'ultimo esercizio finanziario concluso. In caso contrario, tale rapporto deve essere diminuito in modo sostanziale e costante e aver raggiunto un livello prossimo al 3% (interpretazione tendenziale a norma dell'articolo 104, paragrafo 2) o, in alternativa, il superamento del valore di riferimento deve essere solo eccezionale e temporaneo e il rapporto deve restare vicino al valore di riferimento;

il debito pubblico: il rapporto tra il debito pubblico lordo e il PIL non deve superare il 60 % alla fine dell'ultimo esercizio di bilancio concluso. In caso contrario, tale rapporto deve essersi ridotto in misura sufficiente e deve avvicinarsi al valore di riferimento con ritmo adeguato (interpretazione tendenziale a norma dell'articolo 104, paragrafo 2).

C) Il tasso di cambio. Il trattato prevede "il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazione nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro".

Lo Stato membro deve aver partecipato al meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo senza soluzione di continuità nel corso dei due anni precedenti l'esame della sua situazione, senza peraltro essere stato soggetto a gravi tensioni.

Inoltre, lo Stato membro non deve aver svalutato la moneta nazionale (ovvero il tasso centrale bilaterale della propria valuta in rapporto a quella di un altro Stato membro) di propria iniziativa nel corso del suddetto periodo. Dopo il passaggio alla terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM), il sistema monetario europeo è stato sostituito da un nuovo meccanismo di cambio (ERM II), che, peraltro, vale solo per gli Stati membri non ancora ammessi ad adottare l'euro.

D) I tassi di interesse a lungo termine. Il trattato prevede che "i livelli dei tassi di interesse a lungo termine [...] riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro".

In pratica, i tassi di interesse nominali a lungo termine non devono superare di più del 2 % quelli dei tre Stati membri, al massimo, che avranno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi (si tratta di fatto dei medesimi presi in considerazione per il parametro della stabilità dei prezzi). Il periodo da considerare è l'anno precedente l'esame della situazione nello Stato membro in questione.

 

Il Patto di Stabilità e Crescita 

Con la moneta unica i parameti di Maastricht vennero istituzionalizzati. E' stato poi il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) del 1997 a rafforzare le disposizioni sulla disciplina fiscale nella UEM di cui agli articoli 99 e 104, ed è entrato in vigore con l'adozione dell'euro, il 1º gennaio 1999. Attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, nonché un particolare tipo di procedura di infrazione, la "procedura per deficit eccessivo" (PDE), costituisce il principale strumento del PSC.

Secondo i critci a causa del Patto e secondo i sostenitori per merito del Patto, la storia economica europea annovera nel trentennio trascorso dal Trattato di Maastricht : la crisi greca, il fallimento dell'austerità, i problemi del sistema bancario, del debito pubblico e della Brexit. 

Per restare alla storia economica più recente, il PSC è stato sospeso fino al 31 dicembre 2022 a causa delle grave crisi che ha colpito i Paesi dell'Unione con l'insorgere della pandemia da Covid-19 nel 2020. 

Considerando complicato il ritorno alla disciplina del PSC pre-pandemica, la Commissione Ue si sta adoperando per proporre una revisione del PSC. Si riscontra in vista di una riforma, una posizione prudente ma aperturista da parte del governo tedesco, in carica da dicembre 2021,  guidato da Olaf Scholz e una convergenza tra Italia e Francia sull'esigenza di non accantonae l'approccio espansivo applicato alle manovre di finanza pubblica nell'Ue e fondato sul NextGenerationEU, il robusto piano di sostegno finanziario e rilancio economico  della Commissione.

I giochi sono aperti e una grande intesa tra Macron, Scholz e Draghi potrebbe portare ad una revisione strategica delle regole sul deficit e sul debito.

 

staff per la rubrica Macro/Scenari di @euroeconomie


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