E' scomparso all'età di 85 anni Robert Lucas, professore emerito dell'Università di Chicago, premio Nobel nel 1995 ed economista definito dall'autorevole collega Gregory Mankiv come "il macroeconomista più influente dell'ultimo quarto del XX secolo".
Una fama che a Lucas è derivata dal suo ruolo di principale teorico della Nuova Macroeconomia Classica (NMC), grazie all'applicazione dell'ipotesi di aspettative razionali alla macroeconomia e alla negazione di ogni spazio alle politiche attive anche nel breve periodo. Un attacco frontale portato a teorie e politche macroeconomiche con aspettative adattive, da decenni propugnate da accademici e consiglieri governativi d'ispirazione keynesiana.
Come dimostra il Nobel assegnatogli negli anni novanta, i suoi studi, passati sotto il nome di “critica di Lucas” all'approccio keynesiano, hanno lasciato una duratura eredità sul piano della teoria al punto da imporre fino agli anni Novanta del Novecento una nuova macroeconomia, diversa da quella degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo breve.
Secondo il professore di Chicago, gli operatori economici reagiscono in maniera intelligente (aspettative razionali) ai mutamenti nelle manovre di politica economica, per cui non è possibile manipolare la domanda aggregata e aumentare la produzione al di sopra del suo livello ‘naturale’. Partendo da una situazione di equilibrio non inflazionistico con prezzi perfettamente flessibili, a un aumento annunciato dell’offerta di moneta corrisponderà un’aspettativa di aumento dei prezzi che lascerà invariate le variabili reali. Per i teorici della NMC è difficile identificare gli shock a cui reagire senza provocare incertezze nel sistema economico; al contrario, il mantenimento di regole fiscali e monetarie fisse favorisce secondo Lucas e i suoi seguaci il corretto funzionamento dell’economia nel lungo periodo. Le politiche economiche propugnate dalla NMC sono state ovviamente “passive”, ben esemplificate dalla famosa regola di Milton Friedman di far cresce l'offerta di moneta a un tasso costante e annunciato in anticipo.
Si deve alla grande influenza delle teorie di Lucas e dei suoi seguaci come Thomas Sargent, la vigorosa reazione di una nuova generazione di studiosi keynesiani che va da Stiglitz a Yellen, Mankiv Romer, da John B. Taylor a Stanley Fischer e Olivier Blanchard. La risposta di questi studiosi della Nuova Macroeconomia Keynesiana (NEK) a Robert Lucas è l'uso delle microfondazioni per dimostrare che la vischiosità dei prezzi impedisce ai mercati di equilibrarsi. In tal modo l'equilibrio basato sulle aspettative razionali non ha bisogno di essere unico come asserisce la vulgata accademica della NMC convinta dell'inconsistenza della teoria economica keynesiana in funzione del concetto di aspettative razionali con le quali rifondare un unico equilibrio di pieno impiego.
Laddove la sintesi neoclassica keynesiana degli anni Cinquanta e e Sessanta sperava che la politica fiscale e monetaria potessero approssimare al pieno impiego una intera economia, la NMC asseriva invece che gli aggiustamenti nei prezzi e nei salari avrebbero automaticamente raggiunto quest'obiettivo nel breve periodo. Al contrario la NEK considera il pieno impiego automaticamente raggiunto solo nel lungo periodo, poiché i prezzi sono vischiosi nel periodo breve. Le politiche del governo e della banca centrale sono per la NEK necessarie perché i tempi per giungere al lungo periodo potrebbero essere molto dilatati.
Robert Lucas è stato sicuramente un precursore in accademia di un clima sociale più generale maturato nei Paesi anglosassoni e dispegatosi negli anni Ottanta del Novecento. Un clima d'insofferenza alle soluzioni dello stato in economia - giudicati inefficaci e invasivi da larghi strati dell'opinione pubblica, complici media in balia di grandi potentati e conglomerati finanziari - vanto invece delle politiche di demand management dei democratici americani o dei laburisti e delle sinistre europee. Saranno Thatcher e Reagan i primi a capitalizare questo malcontento e ottenere largo consenso elettorale, con politiche ispirate alla critica di Lucas ai keynesiani. Una scia lunga, secondo molti estesa fino alla crisi del 2008-2009 quando per tanti consiglieri economici, lo Stato forte tornò necessario smentendo le presunte virtù di quello minimo dei manuali di macroeconomia che in Robert Lucas, come prima in Milton Friedman, avevano avuto riferimenti certi e di alta teoria.
Antonio De Chiara @euroeconomie.it