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L'Unione europea e la Global Minimum Tax

11/06/2022 08:56

Euroeconomie

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L'Unione europea e la Global Minimum Tax

di Silvana Paruolo

MACRO/SCENARI

Brief

 

L’accordo internazionale dell'OCSE/G20 (dicembre 2021), passo importante verso un sistema efficace ed equo di tassazione degli utili, mira a garantire un livello minimo d’imposta del 15% per le grandi società multinazionali.  

 

In 40 anni dimezzate le tasse sui profitti societari

Le aliquote sul reddito delle società sono costantemente diminuite nelle economie avanzate negli ultimi 40anni: tra i paesi OCSE l’aliquota media è passata dal 47,8 al 23,7 per cento nel periodo 1983-2020 (Fig. 1). L’incapacità di tassare adeguatamente i redditi societari è dovuta in gran parte al fenomeno della concorrenza fiscale: molti paesi hanno infatti iniziato ad abbassare le loro aliquote per attirare capitali e investimenti diretti esteri.

 

La svolta degli Stati Uniti

E' stata l'amministrazione statunitense guidata dal Presidente democratico Biden a lanciare nel 2021 l’idea rivoluzionaria che prevede per le più grandi multinazionali tasse calcolate in base a quanto fatturano in ogni Paese sulla base di un’aliquota minima globale del 21%. L’obiettivo è metter fine alla corsa al ribasso nella tassazione che ha portato alla proliferazione di paradisi fiscali.

I Paesi del G7 hanno poi raggiunto un primo accordo storico, successivamente esteso al G20 e all’UE, su un'aliquota del 15%.

 

I meriti della Yellen

Il cambio di passo rispetto all'epoca Trump è racchiuso in poche evidenze numriche. Trump aveva ridotto dal 35 al 21% l'aliquota sui profitti delle aziende. Il segreatrio al Tesoro dell'amministrazione Biden, Yanet Yellen l'ha riportata su, al 28%, con l'obiettivo dichiarato di ridurre l'apporto dei redditi da lavoro al gettito fiscale, salito dal 50% nel 1950 all'attuale 85%. Per contro, nello stesso periodo, quello delle grandi imprese Usa è sceso dal 28 all'8%: con le amministrazioni che hanno favorito non poco le aziende sul piano fiscale. In fondo, negli ultimi decenni, la riduzione delle tasse sulle imprese è stata attuata con concrete politiche dai maggiori paesi industriali in competizione nel ribassare le imposte sulle società.

La Yellen ha innescato dal 2021 un nuovo corso e la competizione  al ribasso sta per cedere il passo a un fisco più esigente nei confronti del capitale, ponendo fine a quello esoso soltanto verso il lavoro e il ceto medio.

 

Anche nell'UE meno benefici fiscali per le Multinazionali

Per recepire l’accordo internazionale dell'OCSE/G20 le istituzioni europee stanno lavorando a una proposta di Direttiva.
La problematica è discussa nell'Unione da oltre un decennio. Gli europarlamentari hanno chiesto riforme fiscali internazionali da quando, intorno alla metà del 2010, una serie di scandali rivelarono che molte multinazionali spostano i profitti in paesi dove non operano realmente, usufruendo di trattamenti fiscali preferenziali.

Le grandi compagnie come Amazon o Google sfruttano la diversa collocazione delle proprie sedi, operative o meno a seconda del Paese in cui si trovano, per ottenere il massimo vantaggio fiscale e quindi pagare meno tasse possibile.

In qualche caso, le autorità hanno trovato gli estremi per applicare delle sanzioni, come la multa di €250 milioni che l’UE ha comminato ad Amazon per aver gonfiato il valore delle royalties corrisposte dalla sua società operativa in Europa alla propria holding con sede in un Paese euopeo dove le stesse non sono tassate, ovvero in Lussemburgo..

Inoltre, per la maggior parte dei casi i benefici fiscali ottenuti dalle multinazionali, assistite da consulenti giuridici di alto profilo, rimangono nella legalità essenzialmente in due modi:

1) aprono sedi dove le tasse sono più basse, effettuando pagamenti tra sedi diverse in base alla convenienza fiscale

2) contabilizzano il più possibile spese per cui, in ogni Paese, si hanno detrazioni fiscali, come le spese per ricerca e sviluppo, ristrutturazioni o iniziative sostenibili.

Per sfruttare i vantaggi fiscali nei diversi paesi, le società aprono sedi dove le tasse sono più basse, effettuano pagamenti tra sedi diverse in base alla convenienza fiscale e contabilizzano il più possibile spese per cui, in ogni Paese, si hanno detrazioni fiscali, come le spese per ricerca e sviluppo, ristrutturazioni o iniziative sostenibili.

Così, per due anni consecutivi Amazon non ha dovuto pagare tasse federali negli Stati Uniti, e addirittura ha ricevuto rimborsi fiscali di $129 milioni nel 2018 e $137 milioni nel 2017, mentre nel 2019 ha pagato $162 milioni di tasse.

 

I problemi da superare

A partire soprattutto dagli anni Venti, l’Unione europea avrebbe potuto guidare questa rivoluzione nel campo della tassazione: ma per la fiscalità si vota all’unanimità. Irlanda, Olanda e Cipro non sarebbero state d’accordo. Il fatto che la proposta è venuta dagli USA, facilita possibili passi in avanti, nel senso giusto.

Ci sarà da far fronte a pressioni di multinazionali e di società di consulenza, ma l’opinione pubblica europea sollecita gli Stati a prevedere un serrato controllo sull'evasione delle tasse dei grandi attori economici privati, per porre fine al dumping fiscale,inviso a larghe strati della popolazione continentale che paga le tasse alla fonte dei redditi percepiti. I capitali andranno attratti per la qualità delle proprie infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e degli sforzi nella transizione energetica e climatica.

 

Le istituzioni Ue in campo

In merito alla global minimun tax, il Parlamento europeo ha ora preso posizione con una sua Risoluzione trasmessa al Consiglio UE che dovrà adottare il testo definitivo all'unanimità,
"Questo accordo internazionale non è perfetto - ha dichiarato il 20 aprile in commissione ECON la relatrice Aurore Lalucq (S&D,FR) - Avremmo voluto, ad esempio, un'aliquota di imposta più alta. Ma è il risultato di un compromesso. E oggi è urgente che i ministri UE raggiungano un accordo e lo attuino rapidamente."
Questo è stato il principio guida del voto odierno. Il PE sostiene il recepimento nell’ordinamento UE dell’accordo internazionale su una imposta minima globale del 15% per le multinazionali:
· Livello minimo globale d’imposta del 15% per le grandi società multinazionali
·  Termine di attuazione fissato al 31 dicembre 2022
·  Clausola di riesame e valutazione dell'impatto per i paesi in via di sviluppo
Sebbene il Parlamento sia ampiamente d'accordo con le proposte della Commissione per le tempistiche di attuazione, gli eurodeputati hanno approvano il 19 maggio gli elementi principali della proposta della Commissione, apportando alcune modifiche. Chiedono l’introduzione di una clausola di riesame della soglia dei ricavi annuali (oltre la quale una società multinazionale sarebbe soggetta all’aliquota minima) e una valutazione d’impatto della legislazione sui paesi in via di sviluppo.  E intendono ridurre anche alcune delle esenzioni proposte dalla Commissione e limitare le possibilità di abuso con l’introduzione di un articolo specifico contenente misure atte a contrastare i meccanismi di evasione fiscale.

 

Silvana Paruolo @euroeconomie


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