Come nelle attese, giovedi 27 luglio è proseguita la stretta della politica monetaria della Banca centrale europea.
Il nono rialzo dei tassi negli ultimi dodici mesi
La Bce ha portato il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,25%, quello sui depositi al 3,75%, e quello sui prestiti marginali al 4,50%. I tre tassi saliranno con effetto dal 2 agosto 2023. La Bce ha così deciso - all'unanimità - di proseguire al nono rialzo negli ultimi dodici mesi. In un contesto comunque deteriorato, l'inflazione, secondo la presidente Lagarde, è in calo, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato. Ciò nonostante è da escludersi un eventuale taglio a breve dei tassi. Lagarde non ha apertamente ipotizzato una pausa in settembre, sebbene è stato precisato che il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati per decidere.
La BCE ha seguito l'esempio della Federal Reserve statunitense che nella giornata di mercoledi anche la Fed ha alzato i tassi d'interesse dello 0,25%, al livello più alto dal 2001.
La riduzione del PPA e l'estensione del PEPP sino alla fine del 2024.
Inoltre, il Consiglio direttivo ha confermato che si sta riducendo il portafoglio del Programma di acquisto di attività (PPA) a un ritmo misurato e prevedibile, dato considerando che l’Eurosistema non reinveste più il capitale rimborsato sui titoli in scadenza.
Per quanto riguarda il PEPP (pandemic emergency purc purchase programme), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024.
L'outlook delle economie europee a breve è peggiorato.
Lagarde ha ricordato come l’outlook delle economie europee di breve è peggiorato a causa di un indebolimento della domanda interna e come il mercato del credito ha mostrato chiari segnali di contrazione come rilevato nel report della stessa Bce sui prestiti alle imprese.
Nove rialzi consecutivi dei tassi hanno però lasciato segni sulla domanda interna dell'eurozona, impattando sulla manifattura, in primis quella più tradizionalmente forte e solida ovvero quella tedesca. Resiste il comparto servizi, nei Paesi Ue di vitale importanza, che se dovesse segnare battute d'arresto farebbe da segnale apripista di una deriva recessiva che, a meno di un anno dalle elezioni europee, preoccupa le classi politiche negli Stati mebri dell'Unione.
Antonio De Chiara @euroeconomie.it